f.a.q.  Esiste un rischio 231 nelle società alla luce dell’attuale contesto pandemico da COVID19?

La risposta, a mio avviso, è positiva. La L. 123/2007 ha infatti introdotto all’art. 25-septies del D.Lgs. 231/2001 i reati di omicidio colposo (art. 589 c.p.) e di lesioni colpose gravi o gravissime (art. 590 c.p.) commessi in violazione delle norme antinfortunistiche e di tutela dell’igiene e della salute sul lavoro.

Il comportamento del datore di lavoro, dell’organo amministrativo e degli apicali che, al fine di trarre un vantaggio o di ricercare un beneficio per l’impresa, viola le misure a tutela della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro di cui al D.Lgs. 81/2008, in caso di morte o lesione gravi o gravissime sui luoghi di lavoro, comporta dunque non solo la responsabilità penale di coloro i quali hanno posto in essere i comportamenti illeciti ma anche la responsabilità amministrativa dell’ente.

Per la gravità della situazione e dei riflessi sulla salute dei lavoratori, massima attenzione deve essere prestata da parte del datore di lavoro, del responsabile del servizio di prevenzione e protezione aziendale (RSPP), del medico competente e dell’intera organizzazione all’adozione di tutte le misure in chiave di prevenzione da contagio del virus COVID19. Lo smart working, grazie alla tecnologie oramai a disposizione, è misura prioritaria ma riguarda solo una parte della forza lavoro. Rimangono segmenti di lavoratori che devono spostarsi ad esempio per presentarsi in stabilimento. Orbene, l’aggiornamento del DVR (Documento di Valutazione dei Rischi) e, laddove richiesto, del DUVRI (Documento Unico di Valutazione del Rischio di Interferenza) che descriva le misure più idonee (distanza di sicurezza, utilizzo di dispositivi individuali di protezione come le mascherine ed i guanti monouso, … ,) la loro immediata adozione, unitamente alla più compiuta ed approfondita comunicazione e formazione dei lavoratori, diventano azioni prioritarie per le imprese che hanno reparti e stabilimenti con lavoratori presenti.

La mancata o insufficiente adozione delle richiamate misure che causi contagi con effetti letali sui lavoratori, può costituire ai sensi del Decreto in oggetto fattispecie per la responsabilità amministrativa dell’Ente laddove esista una specifica e chiara volontà degli amministratori e degli apicali di ottenere maggiore produttività del lavoro oppure risparmi di costi. Si raccomanda dunque massima proattività da parte del datore di lavoro con il supporto tecnico del responsabile del servizio di prevenzione e protezione e del medico competente. Attenzione e vigilanza attiva inoltre da parte dell’intera filiera organizzativa dei soggetti preposti, tra i quali certamente i delegati della sicurezza e le rappresentanze dei lavoratori per la sicurezza. Immediata segnalazione da parte dei lavoratori al proprio superiore gerarchico, al RSPP, ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza ed al datore di lavoro in caso di misure ritenute insufficienti o comportamenti difformi e, in caso di mancata pronta reazione, segnalazione anche all’Organismo di Vigilanza che deve attivarsi in modo indipendente per verificare il rispetto ed il funzionamento di tutte le procedure statuite onde evitare gravi ricadute sulla salute dei lavoratori.