articoli  Il controllo delle imprese in amministrazione giudiziaria sottoposte a sequestro ex art. 20 del D.Lgs. 159/2011 e ss.mm.ii.

Il tema del controllo interno nei gruppi e nelle imprese di diritto privato è spesso tralasciato oppure affrontato in modo semplicistico ed “al ribasso” laddove non vi sia una norma di legge – ad esempio per le società quotate – che sancisca determinate regole.
Nel caso di imprese in amministrazione giudiziaria il tema assume oggettiva rilevanza perchè, da un lato, il controllo interno può prevenire e contrastare la commissione di reati ed atti di “mala gestio” all’interno di imprese già “infettate” dal virus dell’illegalità, dall’altro, in quanto “apparato” che può supportare convenientemente l’azione dell’amministratore giudiziario.
In questo articolo si concentrerà l’attenzione sul sequestro ex art. 20 del D.Lgs. n. 159/2011 (Codice Antimafia) e ss.mm.ii. dell’intero capitale sociale (o della sua maggioranza) e del compendio aziendale di imprese, il caso, dunque, più “diretto” di assunzione del controllo societario per “mano” giudiziaria.

Parto dalla considerazione che:

    1. l’incarico conferito all’amministratore giudiziario:
      1. a. si inserisce in contesti ambientali talmente difficili ed articolati che, pur con tutta l’energia, la capacità e la volontà profuse, la gestione può “sfuggire di mano” anche solo per limiti di controllo laddove, ad esempio, non sia possibile accorgersi di un dipendente infedele o di infiltrazioni più strutturate e celate;
      2. b. può deviare in corsa dando luogo a gestioni “opache”, segnate da malversazioni, devianze ed interessi privatistici;
    2. il Giudice Delegato, nel corso della procedura, potrebbe non essere messo nelle condizioni di acquisire alcune informazioni, comprendere tempestivamente le patologie ed intervenire con velocità e determinazione.

Se un incarico conferito con criteri fiduciari, di trasparenza ed imparzialità è requisito necessario, cosa si deve fare affinchè esso non dia luogo a pericolose devianze?
Un contributo decisivo alla risoluzione della problematica potrebbe essere rappresentato dal combinato disposto rappresentato da 1) modalità più articolate di interlocuzione con l’Autorità Giudiziaria e 2) controlli indipendenti e stabili nelle imprese in amministrazione giudiziaria.
Il difficile contesto ambientale, culturale ed operativo nel quale si trova ad operare l’amministratore giudiziario dovrebbe suggerire, del resto, l’utilizzo proattivo di “apparati” indipendenti preposti al controllo. L’amministratore giudiziario opera, peraltro, in una sorta di “ossimoro obbligato”: quando l’impresa è meritoria di rimanere sul mercato, deve assicurare, da un lato, la netta cesura rispetto alla gestione precedente e, dall’altro, la continuità operativa attraverso decisioni rapide ed interventi incisivi di ripristino della legalità. Questa operazione di discontinuità nella continuità può essere facilitata dall’attivazione di efficaci presidi di controllo. Le imprese, inoltre, quando sottoposte alla “condizione restrittiva” del sequestro, attraversano profonde crisi e corrono spesso il rischio di fallire. Contare sul supporto di funzioni indipendenti di controllo è molto utile e diventa vera e propria garanzia per l’azione dell’amministrazione giudiziaria.
Gestire l’impresa “per conto di chi spetta” in modo efficiente, trasparente, efficace e rispettoso delle leggi è la missione dell’amministratore giudiziario. Missione difficile, come già detto, che deve fare i conti con le difficoltà ambientali, economico-finanziarie ed operative in cui opera l’impresa. Missione delicata poiché occorre intervenire senza, da un lato, “ingessare” l’operatività aziendale e “pregiudicare” i posti di lavoro e l’indotto economico, e dall’altro, “personalizzare” troppo la gestione. Missione gravosa da onorare con il massimo dell’impegno e della responsabilità poiché l’obiettivo finale è il mantenimento in vita di quell’impresa, la tutela del territorio e la restituzione alla legalità di un “pezzettino” del nostro Paese.
Autorizzare gli atti dell’amministratore giudiziario e valutare costantemente il suo operato e l’andamento della misura di prevenzione sono, tra gli altri, i compiti del Giudice Delegato. Compiti anch’essi delicati e difficili considerando che il Giudice Delegato “vive” la misura per il tramite delle interlocuzioni con l’amministratore giudiziario, le sue istanze, le sue relazioni.
In questo articolato contesto, occorre aggiungere che il tema dei beni sequestrati (e confiscati) ha assunto un elevato livello di attenzione mediatica che lo ha fatto uscire da quel cono d’ombra degli anni ’80 e ’90: esiste oramai diffusa consapevolezza dell’alto significato simbolico ed economico di questi patrimoni e della loro centralità nell’opera di contrasto dello Stato alle organizzazioni criminali ed alle mafie. Alcune recenti scandali sulla gestione di patrimoni sottoposti alle misure di prevenzione hanno reso poi davvero attuale il tema di cui si tratta.
La gestione delle imprese in amministrazione giudiziaria potrebbe beneficiare dell’applicazione di alcune misure previste nel nostro ordinamento giuridico, in particolare, la legge n. 190/2012, i suoi decreti attuativi n. 33 e n. 39 del 2013 e le circolari ANAC combinata con il d.lgs. n. 231/01 sulla responsabilità amministrativa delle Società e degli Enti.
La proposta per queste imprese, sottoposte di fatto al controllo dello Stato (anche solo temporaneo), è dotarle di governance più articolate e sistemi di controllo più efficaci e penetranti utilizzando – in forme e modalità acconce – input della normativa anticorruzione e trasparenza integrati con l’applicazione del decreto legislativo n. 231/01. E’ come se considerassimo l’impresa in amministrazione giudiziaria alla stregua di una società in controllo pubblico1, sia perchè portatrice di un nuovo e preminente interesse non privatistico derivante dal provedimento di prevenzione sia perchè guidata da un amministratore giudiziario, pubblico ufficiale per espressa volontà del Codice Antimafia.
Ciò al fine di creare governance più articolate, opportune separazioni di poteri, equilibrati pesi e contrappesi,definite regole di governo e limiti all’autoreferenzialità e prevenire e contrastare così patologie e devianze, particolarmente gravi trattandosi di imprese sequestrate alla criminalità organizzata.
Più nel dettaglio, integrare i principi di sana gestione con funzioni di controllo e vigilanza indipendenti, alcune misure anticorruzione – a titolo esemplificativo il revolving door, il whistleblowing, la rotazione degli incarichi esposti al rischio di corruzione, l’astensione in caso di conflitto di interessi, l’incompatibilità ed inconferibilità degli incarichi – e con i principi di fondo del d.lgs. n. 231/01. Le misure dovrebbero essere progressive con soglie dimensionali tali da risultare applicabili e sostenibili in tutte le imprese colpite dalla misura cautelare.

Tra le misure in questa sede proposte:

      1. a. Obbligo di applicazione del d.lgs. 231/01 o, quantomeno, di un codice etico-comportamentale.
      2. b. Nel caso di nomina di amministratore unico, obbligo di dotarsi almeno di un organo/organismo di controllo indipendente (sindaco unico o organismo di vigilanza monocratico) indicato dal Giudice Delegato. Nel caso di consiglio di amministrazione, indicazione di un consigliere da parte del Giudice Delegato.
      3. c. Nel caso di organi di controllo e vigilanza collegiali, indicazione di un sindaco e di un componente dell’odv da parte del Giudice Delegato. Nel caso di sindaco unico e di odv monocratico, indicazione dei nominativi da parte del Giudice Delegato.
      4. d. Obbligo per i nominati di rilasciare con l’accettazione dell’incarico l’autodichiarazione di onorabilità e di assenza di conflitto di interessi.
      5. e. Obbligo di inviare al Giudice Delegato le relazioni ed i rilievi del Collegio Sindacale, dell’Organismo di Vigilanza e, se presente, del Revisore Legale e di prevedere, almeno una volta l’anno, un incontro collegiale con il Giudice Delegato.
      6. f. Obbligo di pubblicare dati ed informazioni dell’amministrazione giudiziaria dell’impresa in una sezione “Amministrazione Giudiziaria trasparente” del sito aziendale. In caso di continuità aziendale, obbligo di sua realizzazione e di pubblicazione delle informazioni.

La governance “tradizionale” di un’impresa privata lascerebbe, quindi, il posto ad una governance di “rilievo pubblico”, motivata dalla straordinarietà della misura e dagli interessi pubblici di cui è portatore il nuovo vertice aziendale che amministra l’impresa sottoposta al sequestro. Alcune proposte sono applicabili alle imprese di maggiori dimensioni, altre opportunamente rimodulate sono applicabili anche a quelle più piccole. Tutte, comunque, nel segno di principi di sana ed efficace gestione che devono ispirare l’azione dell’amministrazione giudiziaria che gestisce l’impresa in nome della legalità e la trasparenza.
Al di là della singola proposta, preme enfatizzare la finalità: migliorare la gestione delle imprese e creare meccanismi virtuosi atti a prevenire e contrastare qualsiasi patologia o distorsione che abbia conseguenze gravose per la procedura e l’azione di contrasto alle mafie.
Rimane integra, nel contesto evolutivo tratteggiato, la responsabilità gestionale dell’amministratore giudiziario ed il potere autorizzativo e di controllo del Giudice Delegato. La necessità di una autonomia di controllo è auspicata non solo per la rilevante valenza pubblica della misura ma soprattutto affinchè l’impresa, nelle sue diverse articolazioni e responsabilità, e lo stesso amministratore giudiziario siano sottoposti al vaglio costante di organi ed organismi indipendenti preposti al controllo. Quest’ultimo aspetto è la “chiave di volta” per legittimare l’operato dell’amministrazione giudiziaria. Ed è questa legittimazione che rinsalda il rapporto fiduciario con il Giudice Delegato, promuovendo circuiti virtuosi ed efficaci meccanismi deterrenti.